Puntualmente in autunno non solo cadono le foglie secche ma si ripresenta il problema delle polveri fini PM10 nell’aria. A Trieste gli sforamenti del limite di legge (50 μg/mc - microgrammi per metro cubo - come media giornaliera ) avvengono non solo nel centro cittadino, a causa dell’ intenso traffico veicolare (in questo periodo il riscaldamento delle case è al minimo), ma anche nella zona di Servola, in prossimità della Ferriera. I dati raccolti dalle centraline dell’ARPA nei giorni 12, 13, 14, 15 novembre indicano valori di PM10 molto più elevati a Servola che non nel centro cittadino: 49, 67, 70, 52 μg/mc per piazza Libertà 61, 101, 102, 58 μg/mc per via Carpineto. Questi dati evidenziano il pesante contributo industriale al deterioramento della qualità dell’aria, che interessa sicuramente Servola e in misura minore altri rioni cittadini.
La centralina mobile dell’ARPA, situata in via S. Lorenzo in Selva (Servola,) e che rileva valori di inquinamento dell’aria sempre molto più elevati rispetto alle altre centraline, non fornisce però alcun dato sulle PM10 dal 23 ottobre (!). Come spiega l’ARPA il prolungato malfunzionamento, in un periodo così delicato dal punto di vista della qualità dell’aria?
Le centraline di proprietà di Elettra (via Svevo, via Pitacco) forniscono invece dati di polveri PM10 molto più bassi. Forse perché sono gestite dalla proprietà dello stabilimento e i dati di inquinamento praticamente non vengono mai validati da ARPA?
Cosa fa il Comune di Trieste per contrastare l’inquinamento, prodotto da traffico e industria? Attenendosi ad un piano di azione, del tutto inadeguato, aspetta che vengano superati i tre fatidici giorni di superamenti, sperando che al quarto la situazione meteorologica migliori. Eventualmente si faranno restrizioni al traffico veicolare, mai comunque all’attività produttiva, benché anche queste ultime siano previste espressamente dalla normativa vigente relativa alla qualità dell’aria ambiente.
Considerato che le previsioni meteo sono ormai molto attendibili per un arco di tre giorni, è quindi necessario adottare misure preventive senza guardare in faccia nessuno, come il WWF chiede da anni. Per la riduzione dell’inquinamento industriale si dovrebbe perciò, in primo luogo, diminuire la produzione di coke della Ferriera (considerato che la cokeria lavora sempre al massimo, ben al di sopra delle esigenze dell’unico altoforno in funzione), aumentando il tempo di cottura del carbon fossile. Contemporaneamente andrebbe sospesa l’attività inquinante dell’agglomerato per alcuni giorni, poiché si tratta di una delle fonti maggiormente inquinanti (emette anche diossina, oltre alle PM10) dello stabilimento siderurgico della Lucchini.
Solo utopie? E’ in gioco la salute di decine di migliaia di cittadini.