Nico, Sonia, Daniela e Dario, in rappresentanza di un Knedelgrup assonnato, partono alle 8:30 per raggiungere Max a Gorizia alle 9:30, sul confine. Alle 10:50 siamo a Lokev, pronti ad indossare le nostre TSL.
Da qui puntiamo al Monte Golak.
La riserva naturale Golaki e Smrekova si estende nella parte più alta della Selva di Tarnova.
Il territorio è formato da rocce carbonifere e nelle rocce calcaree è possibile rinvenire reperti fossili di conchiglie e foraminiferi.
Le cime del Golaki (1480) e del Mali Golak (1495) sono le più alte della zona occidentale del Carso superiore e questa è una rarità per le Alpi Dinariche slovene. Le loro pendici sono ricoperte dalla mugheta e da prati con flora alpina.
I boschi di faggio assumono in certi casi una conformazione simile a quella di una foresta vergine, contribuendo a rendere particolarmente suggestiva e selvaggia l'area. Per questi stessi motivi la fauna a rischio di estinzione, come il Gallo cedrone, trova qui riparo e protezione.
La Riserva è protetta dal decreto sulla tutela dei monumenti storico-culturali e delle attrattive naturalistiche nel comune di Ajdovščina e gran parte del territorio è protetto come riserva forestale dal 1981.
Nelle immagini a lato si vedono i preparativi per la partenza e il manto nevoso già aperto da due sciatori di fondo.
Facciamo attenzione a non rovinare la pista degli sciatori, che incontreremo sul ritorno intenti a scivolare nelle precarie canalette.
Il bosco che ci circonda è una fustaia di abeti rossi frammisti a faggi che, in parte, conservano le foglie secche sul ramo.
I tronchi slanciati e diritti indicano che l'albero è costretto ad estendersi verso il cielo per raggiungere un po' di luce; la competizione fra le piante si esplica con l'allungamento del fusto.
Dopo mezz'ora le tracce lasciate da altri escursionisti con le ciaspe scompaiono e le sole ad accompagnarci rimangono quelle degli animali e degli sciatori. Durante gli ultimi giorni è nevicato, cosicché siamo certi che le impronte sono fresche.
Gli animali lasciano molte tracce al loro passaggio: fatte, scortecciamenti, resti di cibo... ma sicuramente le più visibili sulla neve sono le impronte.
Ci sono animali che appoggiano tutta la pianta del piede, come l'orso e il tasso mentre altri appoggiano solo le dita ed hanno dei cuscinetti plantari. Le foto che abbiamo scattato si riferiscono alla prima tipologia in quanto sono visibili 5 segni delle dita.
Altri animali hanno specializzato il loro piede ad appoggiare solo il terzo e quarto dito mentre i residui del secondo e del quinto dito costituiscono delle protuberanze dette speroni.
Per determinare il proprietario delle tracce che abbiamo fotografato bisogna fare alcune osservazioni: la dimensione delle tracce è di circa 5 cm ma nella prima immagine sembrerebbe che il piede sia più grande (8-9 cm, impronta sotto alla moneta di 20 cent). Osservando bene anche le altre impronte si comprende che in realtà questa ipotetica traccia oblunga è costituita da due impronte poste quasi una sull'altra.
Questo è un indice molto importante che ci fa capire, oltre alle reali dimensioni del piede, che l'animale si sposta appoggiando la zampa posteriore sull'impronta lasciata da quella anteriore; oltre a ciò è importante notare che l'animale si muove a balzelli con uno spazio tra un salto e l'altro di circa 30 cm. Infine è molto importante notare che l'animale incide sulla neve 5 segni delle unghie.
Queste considerazioni ci fanno eliminare l'ipotesi della volpe (4 dita con unghie), dell'ermellino (impronte simili ma ben più piccole), della lince (mancano i segni delle unghie e le dita sono 4). Con tutta probabilità le impronte da noi osservate sono della martora o della faina. Entrambi questi mustelidi, molto simili per forma, dimensione e manto (la martora ha una macchia pettorale giallastra e non bianca e non ha la linea centrale scura), si spostano con l'andatura tipica dei mustelidi, con salti abbastanza lunghi, poggiando le zampe posteriori sulle impronte delle anteriori e lasciando così dietro di sé impronte doppie vicine ed accostate, come quelle della seconda foto.
Volendo proprio sbilanciarci, potremmo dire che le foto si riferiscono alla martora perché questa, rispetto alla faina, evita i luoghi frequentati dall'uomo e predilige vaste superfici boschive soprattutto di conifere.
Dopo un'ora e mezza di camminata arriviamo ad un incrocio con una strada che scende dal monte, a sinistra. Nella foto qui sotto si vede Gala che è andata a perlustrare il sentiero che vienedal Passo dei Turchi.
Imbocchiamo la strada a destra, che piega verso Sud; percorsi 10 minuti di strada (teniamo presente che siamo sulla neve) raggiungiamo il primo vero punto panoramico, con vista sulla vallata verso Ovest (foto sottostante).
La stanchezza comincia un po' a farsi sentire, ma la splendida giornata soleggiata ci induce a proseguire con entusiasmo. Ancora qualche tratto aperto ricco di cumuli di neve che sono una manna per Gala, intenta ad annusare ogni traccia lasciata dai numerosi animali.
La strada entra ora nuovamente nella meravigliosa faggeta. Lo sguardo verso l'alto rimane incantato dallo spettacolo delle nuvole bianche a contrastare il blu intenso del cielo.
Si raggiunge il bivio-piazzale da cui parte, a sinistra, il sentiero che si inerpica verso il rifugio Iztokova koca e la cima del Mali Golak.
Il rifugio è posto a 1265 metri di quota e ci abbiamo messo due ore e mezza per raggiungerlo, con calma e senza tanta fatica.
Fortunatamente il rifugio è aperto i fine settimana e durante la stagione estiva, cosicché possiamo godere della buonissima minestra di orzo e di un piatto di carne con le rape, naturalmente accompagnati dalla birra.
All'esterno del rifugio un simpatico alberello sostiene le frecce con le indicazioni per Predmeja, Caven, Ledena Jama e Mali Golak.
Mentre Dario e Max partono per "conquistare la vetta", gli altri del Knedelgrup rimangono ad assaggiare anche lo strudel.
La pendenza per raggiungere la cima, a 1495 m, è impegnativa e richiede poco meno di un'ora di fatica.
Lungo il ritorno abbiamo l'ultima piacevole sorpresa.
Appena svoltata una curva, il Knedelgrup dimostra il suo spirito di squadra. Le foto che seguono ritraggono una splendida volpe maschio e le immagini sono il frutto della collaborazione di Nico, il primo ad osservare il canide, Max che con prontezza passa la borsa a Dario, che estrae la macchina fotografica dalla borsa e la passa a Daniela, mentre Sonia abbassa il finestrino. I pochi secondi sono sufficienti alla volpe per allontanarsi un po', quanto basta per sentirsi sicura così da marcare il territorio ad un centinaio di metri da noi.
Macchina usata: Canon D7; obiettivo Canon 70-300. Tempo: 1/320. ISO 200; distanza focale 300 mm; apertura f/6.3.
Da qui puntiamo al Monte Golak.
La riserva naturale Golaki e Smrekova si estende nella parte più alta della Selva di Tarnova.
Il territorio è formato da rocce carbonifere e nelle rocce calcaree è possibile rinvenire reperti fossili di conchiglie e foraminiferi.
Le cime del Golaki (1480) e del Mali Golak (1495) sono le più alte della zona occidentale del Carso superiore e questa è una rarità per le Alpi Dinariche slovene. Le loro pendici sono ricoperte dalla mugheta e da prati con flora alpina.
I boschi di faggio assumono in certi casi una conformazione simile a quella di una foresta vergine, contribuendo a rendere particolarmente suggestiva e selvaggia l'area. Per questi stessi motivi la fauna a rischio di estinzione, come il Gallo cedrone, trova qui riparo e protezione.
La Riserva è protetta dal decreto sulla tutela dei monumenti storico-culturali e delle attrattive naturalistiche nel comune di Ajdovščina e gran parte del territorio è protetto come riserva forestale dal 1981.
Nelle immagini a lato si vedono i preparativi per la partenza e il manto nevoso già aperto da due sciatori di fondo.
Facciamo attenzione a non rovinare la pista degli sciatori, che incontreremo sul ritorno intenti a scivolare nelle precarie canalette.
Il bosco che ci circonda è una fustaia di abeti rossi frammisti a faggi che, in parte, conservano le foglie secche sul ramo.
I tronchi slanciati e diritti indicano che l'albero è costretto ad estendersi verso il cielo per raggiungere un po' di luce; la competizione fra le piante si esplica con l'allungamento del fusto.
Dopo mezz'ora le tracce lasciate da altri escursionisti con le ciaspe scompaiono e le sole ad accompagnarci rimangono quelle degli animali e degli sciatori. Durante gli ultimi giorni è nevicato, cosicché siamo certi che le impronte sono fresche.
Gli animali lasciano molte tracce al loro passaggio: fatte, scortecciamenti, resti di cibo... ma sicuramente le più visibili sulla neve sono le impronte.
Ci sono animali che appoggiano tutta la pianta del piede, come l'orso e il tasso mentre altri appoggiano solo le dita ed hanno dei cuscinetti plantari. Le foto che abbiamo scattato si riferiscono alla prima tipologia in quanto sono visibili 5 segni delle dita.
Altri animali hanno specializzato il loro piede ad appoggiare solo il terzo e quarto dito mentre i residui del secondo e del quinto dito costituiscono delle protuberanze dette speroni.
Per determinare il proprietario delle tracce che abbiamo fotografato bisogna fare alcune osservazioni: la dimensione delle tracce è di circa 5 cm ma nella prima immagine sembrerebbe che il piede sia più grande (8-9 cm, impronta sotto alla moneta di 20 cent). Osservando bene anche le altre impronte si comprende che in realtà questa ipotetica traccia oblunga è costituita da due impronte poste quasi una sull'altra.
Questo è un indice molto importante che ci fa capire, oltre alle reali dimensioni del piede, che l'animale si sposta appoggiando la zampa posteriore sull'impronta lasciata da quella anteriore; oltre a ciò è importante notare che l'animale si muove a balzelli con uno spazio tra un salto e l'altro di circa 30 cm. Infine è molto importante notare che l'animale incide sulla neve 5 segni delle unghie.
Queste considerazioni ci fanno eliminare l'ipotesi della volpe (4 dita con unghie), dell'ermellino (impronte simili ma ben più piccole), della lince (mancano i segni delle unghie e le dita sono 4). Con tutta probabilità le impronte da noi osservate sono della martora o della faina. Entrambi questi mustelidi, molto simili per forma, dimensione e manto (la martora ha una macchia pettorale giallastra e non bianca e non ha la linea centrale scura), si spostano con l'andatura tipica dei mustelidi, con salti abbastanza lunghi, poggiando le zampe posteriori sulle impronte delle anteriori e lasciando così dietro di sé impronte doppie vicine ed accostate, come quelle della seconda foto.
Volendo proprio sbilanciarci, potremmo dire che le foto si riferiscono alla martora perché questa, rispetto alla faina, evita i luoghi frequentati dall'uomo e predilige vaste superfici boschive soprattutto di conifere.
Dopo un'ora e mezza di camminata arriviamo ad un incrocio con una strada che scende dal monte, a sinistra. Nella foto qui sotto si vede Gala che è andata a perlustrare il sentiero che vienedal Passo dei Turchi.
Imbocchiamo la strada a destra, che piega verso Sud; percorsi 10 minuti di strada (teniamo presente che siamo sulla neve) raggiungiamo il primo vero punto panoramico, con vista sulla vallata verso Ovest (foto sottostante).
La stanchezza comincia un po' a farsi sentire, ma la splendida giornata soleggiata ci induce a proseguire con entusiasmo. Ancora qualche tratto aperto ricco di cumuli di neve che sono una manna per Gala, intenta ad annusare ogni traccia lasciata dai numerosi animali.
La strada entra ora nuovamente nella meravigliosa faggeta. Lo sguardo verso l'alto rimane incantato dallo spettacolo delle nuvole bianche a contrastare il blu intenso del cielo.
Si raggiunge il bivio-piazzale da cui parte, a sinistra, il sentiero che si inerpica verso il rifugio Iztokova koca e la cima del Mali Golak.
Il rifugio è posto a 1265 metri di quota e ci abbiamo messo due ore e mezza per raggiungerlo, con calma e senza tanta fatica.
Fortunatamente il rifugio è aperto i fine settimana e durante la stagione estiva, cosicché possiamo godere della buonissima minestra di orzo e di un piatto di carne con le rape, naturalmente accompagnati dalla birra.
All'esterno del rifugio un simpatico alberello sostiene le frecce con le indicazioni per Predmeja, Caven, Ledena Jama e Mali Golak.
Mentre Dario e Max partono per "conquistare la vetta", gli altri del Knedelgrup rimangono ad assaggiare anche lo strudel.
La pendenza per raggiungere la cima, a 1495 m, è impegnativa e richiede poco meno di un'ora di fatica.
Lungo il ritorno abbiamo l'ultima piacevole sorpresa.
Appena svoltata una curva, il Knedelgrup dimostra il suo spirito di squadra. Le foto che seguono ritraggono una splendida volpe maschio e le immagini sono il frutto della collaborazione di Nico, il primo ad osservare il canide, Max che con prontezza passa la borsa a Dario, che estrae la macchina fotografica dalla borsa e la passa a Daniela, mentre Sonia abbassa il finestrino. I pochi secondi sono sufficienti alla volpe per allontanarsi un po', quanto basta per sentirsi sicura così da marcare il territorio ad un centinaio di metri da noi.
Macchina usata: Canon D7; obiettivo Canon 70-300. Tempo: 1/320. ISO 200; distanza focale 300 mm; apertura f/6.3.
1 commento:
Cari ragazzi, complimenti: con questo post vi siete superati, rendendo alla grande la bellezza di questa splendida gita (per chi non c'era "la più bella")! bravi bravi p.s. ottima la lezione sulle impronte, professore.
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